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1612

ODISSEA

di Nikos Kazantzakistraduzione di Nicola Crocetti

con Tommaso Ragno

musiche originali composte ed eseguite al pianoforte da Orazio Sciortino

produzione Fondazione Teatro Due

Spazio Bignardi
16 dicembre 2017 ore 19.00
17 dicembre 2017 ore 16.00

Pubblicato per la prima volta nel 1938, Odissea, il capolavoro mastodontico del grande poeta greco Nikos Kazantzakis prosegue il viaggio di Ulisse dopo l’arrivo a Itaca. Nella nuova saga l’eroe, ormai rimpatriato ma annoiato dalla tranquillità della vita sull’isola, decide di rimettersi alla testa dei suoi compagni. Da Sparta, dove trova un Menelao imbolsito e un’Elena che fuggirà con lui, alle sorgenti del Nilo, dagli intrighi di Creta fino ai ghiacci dell’Antartide, Ulisse sarà protagonista di un nuovo viaggio, che tenta di dare un rinnovato senso alla vita, un nuovo significato alla morte, e di consolare l’umanità.

L’Odissea di Kazantzakis non è ancora stata tradotta integralmente in italiano, il testo proposta al pubblico è solo una parte dei 33333 versi e 24 libri che compongono la totalità dell’opera ed è il frutto del lavoro di traduzione di Nicola Crocetti, tutt’ora in corso.

“L’Odissea di Kazantzakis si compone di 24 Canti, quante sono le lettere dell’alfabeto greco, e quanti sono i canti dei poemi omerici. Lo scrittore cominciò a comporla nell’inverno del 1925 a Creta, dove scrisse i primi cinque canti. I restanti 18 canti li scrisse in un isolamento ascetico a Egina in appena quattro mesi, dal 20 maggio al 22 settembre 1927. Kazantzakis aveva una capacità lavorativa prodigiosa, e scriveva al ritmo travolgente di circa 200 versi al giorno. Lui stesso descrive così quello stato d’animo e la sua ispirazione: “Rivelazione, incantamento, esaltazione, beatitudine, illuminazione, libertà…”. Ma per completare il poema gli occorsero tredici anni, e lo scrisse e riscrisse ben sette volte. D’altronde, non si dice che anche Platone scrisse l’Introduzione alla Repubblica sette volte? E come non definire eroica questa devozione assoluta al suo lavoro? I 33.333 versi decaeptasillabi dell’Odissea di Kazantzakis sono una sorgente viva della lingua greca. Il suo ricchissimo lessico può ammaliare ma anche far disperare il lettore per la sua straordinaria inventiva nel plasmare nuovi lemmi e nuove parole composte, spesso difficili da comprendere e introvabili su qualunque dizionario greco. Uno studioso ha compilato un elenco di quasi 5.000 parole “athisàvrites”, cioè non trascritte su nessun lessico. Naturalmente, la sua fonte primaria è Omero, i cui poemi ha tradotto in greco moderno, assieme al filologo Kakridìs. Ma anche qui, la sua non è una semplice traduzione in un comprensibile demotico moderno. La sua è la traduzione in una lingua greca assolutamente nuova, con il conio e l’invenzione di centinaia di nuovi lemmi, verbi e aggettivi. Lettore onnivoro, Kazantzakis pesca il suo lemmario sconfinato dal mare senza fondo delle opere letterarie greche, classiche e moderne, dai tragediografi, dai lirici, dai poeti e scrittori bizantini, e dai suoi contemporanei. Ma pesca anche, e a piene mani, dal lessico del popolo di Creta, quello dei pastori, dei contadini, dei pescatori, della gente semplice e incolta; e pesca dal ricchissimo patrimonio dei canti popolari. L’Odissea di Kazantzakis è un epos grandioso, un unicum assoluto nel Novecento. Il poeta si è immerso nel fluido del Mito, proseguendone l’incanto e il dilemma. Il suo Ulisse è inquietante e potente, omerico e insieme diverso da quello dell’aedo cieco, ma con coerenza, e con la stessa forza dell’originale. Come gli uomini plasmano i propri dèi, così Kazantzakis plasma il suo Odisseo a propria immagine e somiglianza, gli affida tutti i propri desideri e il compito di portarli a compimento. Primo fra tutti quello di dimostrare che l’uomo e la sua sete di conoscenza trascendono la propria finitezza, sono perenni. Tutta l’opera di Kazantzakis, e l’Odissea in modo particolare, è una lotta del bene contro il male. Compito di un poeta e di uno scrittore – dice Kazanzakis – non dev’essere la ricerca del bello ma della verità; non dev’essere quello di creare un’utopia ma, al contrario, quello di trasformare l’utopia in realtà.”

Nicola Crocetti, L’Odissea di un traduttore

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